Canti corali e composizioni originali di Claudio Macchi


SCRITTI


1) QUALE MUSICA IN CHIESA?

Ben volentieri colgo l'invito ad esporre qui il mio modesto pensiero sulla musica religiosa, pur consapevole di quanto difficile sia il riassumere concetti che richiederebbero più spazio di quanto queste pagine, necessariamente, impongono. Molteplici, infatti, sono gli aspetti (storici, filosofici, estetici, sociali, ecc.) che investono la trattazione di un argomento così complesso. Devo poi onestamente premettere che, pur essendo musicista, i problemi di tale argomento esulano alquanto dal mio campo di studi. Ma è proprio da musicista che il mio pensiero non può non riandare a quel S.Agostino che, nei giorni terribili della sua giovinezza, pianse nell'udire i dolci canti della chiesa ambrosiana. Credo, infatti, che non si possa concepire la musica senza la chiesa, così come la chiesa senza la musica. Ma, quale musica? Perché c'è musica e musica, anche nell' ambito della chiesa stessa: da quella che commosse alle lacrime S. Agostino a quella uniformatasi ai severissimi regolamenti approvati dai papi Leone XIII, Pio X e Pio XII, con delle proibizioni che oggi fanno sorridere ma per arrivare a quella dei nostri giorni: una vera babele, la cui licenziosità lascia (per usare un eufemismo) molto perplessità. Non nascondo ch'io, cattolico osservante, maestro di coro. raramente partecipo a certi canti che si eseguono oggi nelle chiese e che distolgono completamente dalla preghiera e dal rispetto per la casa del Signore. Ora, a prescindere dalle varie epoche e dalla evoluzione (?) dei costumi sociali, la musica della chiesa dovrebbe essere sempre, in ogni caso, «liturgia », cioè «preghiera ». Una massima del Tommaseo ci avverte che «Se il cuore non prega. non vale pregare con la bocca». Non basta che il testo dei canti sia tale da invitare alla preghiera: lo deve essere anche la musica. La musica si dice nasce dal silenzio. Ma la vita moderna, purtroppo, ha distrutto il silenzio, bene indispensabile come l'aria, la luce, l'acqua. il cibo. E il danno che della mancanza di esso deriva non lo conosce chi non ha vissuto a lungo nel frastuono delle fabbriche, .delle officine delle grandi città. Ma. se nell' officina regna il rumore nella chiesa «deve» regnare il silenzio perché, non dimentichiamolo, è il luogo esclusivo di raccoglimento, di meditazione, di preghiera. Nella sua sua enciclica " Mediator Dei" S.S.Pio XII ricorda l'antico proverbio "Chi bene canta, prega 2 volte". (Proverbio che trova riscontro con il "quis cantat ter orat" di S. Agostino). Ma che cosa significa «cantar bene »? Rettamente? Piacevolmente? Efficacemente? O non si riferisce piuttosto, quell'avverbio, «al modo e alla scelta» di ciò che si canta? Personalmente (l'ho sperimentato più volte), non mi dà tanto fastidio udire in chiesa una popolana che stona... con devozione, quanto invece l'intera comunità dei fedeli che si «esibisce» in certi canti ritmi sincopati di stile «afro americano». E se ne sentono oggi nelle nostre chiese trasformate così in trattenimenti di musica «folk ». Si vuole oggi ritornare al primitivo tempio, luogo di ritrovo e di mercato? Se lo scopo è questo allora è chiaro che la musica non ha niente più da spartire con la chiesa. Il fatto grave è che manca da parte delle autorità ecclesiastiche, una chiara regolamentazione sulla musica liturgica. per cui il "buon senso". la "giusta misura", la " giusta interpretazione" viene così demandata alla sensibilità dei singoli sacerdoti e loro collaboratori. Ma più ancora che la mancanza di regole, nuoce abbondante proliferazione di canti religiosi in troppe raccolte dove. fatta eccezione per un numero molto limitato di canti, si avrebbe urgente bisogno di un novello Savonarola che butti tutto al fuoco. Eppure non scarseggiano canti. antichi e moderni, di sicurissimo valore liturgico. Un altro fatto sconcertante, oggi è quel continuo mutare di repertorio. Mi torna alla mente quel medico inglese il quale. chiestogli il perché del sorgere di continue nuove diete, rispose: "semplicemente perché nessuna si è ancora rivelata quella buona. Scherzi a parte, ma quando noi diciamo il Padre Nostro (e Dio solo lo sa quante volte anche nella stessa giornata), non sembra forse una preghiera sempre diversa? Sempre nuova? Certo ciò dipende dal «come» noi lo diciamo, ma anche, e soprattutto. dal valore intrinseco di questa stupenda preghiera. Proposte? Non le farei se non mi fossero state richieste. Comunque, in parte, esse possono scaturire dalle considerazioni di cui sopra. In generale, sarebbe auspicabile un ritorno al "gregoriano" (la "Bibbia messa in musica", come la definì, nel 1530, l'editore del codice. Conviene, e in particolare, qui nel Friuli il ripristino degli antichi canti della liturgia aquileiese. A complemento di ciò una ricerca sugli autentici canti sacri del popolo friulano. E' strano, ad esempio; e nello stesso tempo deprecabile, che un fascicoletto di "Quattro canzoncine popolari sacre friulane", per canto e organo. armonizzate e pubblicate da Coronato Pargolesi (che fu il primo a raccogliere e a pubblicare le melodie delle villotte friulane), non sia reperibile. Esso risulta « mancante» persino nella raccolta privata del suo raccoglitore, mentre della sua esistenza ne fece cenno mons. Casimiri, affermando di averlo esaminato nel gennaio del 1916 e osservando anche come la quarta canzonetta è la più antica, essa si ritrova già nelle raccolte del secolo XVI. E ciò senza che di queste se ne conosca almeno il titolo. Ultimo consiglio, ma il più importante. mai troppo poco raccomandato, quello di una adeguata educazione musicale e istruzione vocale impartita soprattutto ai giovani. Perché se è vero, com'è vero quello che disse S.S. Pio XII, che "cantare è proprio di chi ama", più si canterà da bambini, più si amerà da adulti. E la violenza non troverà terreno fertile.

Mario Macchi- Gemona del Friuli, 3 giugno 1980.

MUSICHE FUORI POSTO

Caro direttore,com'era prevedibile anche i ragazzi sono scesi in campo per difendere le chitarre in chiesa. Ed è' giusto che' dicano la loro. Ma sbagliano quando fanno questione di musica antica e moderna. Si mettano bene in testa questi cari ragazzi che esiste, prima di tutto, solo la buona e la cattiva musica, e che il valutarla dipende dalla cultura dal grado di educazione che hanno ricevuto. Quale colpa, infatti, possono avere questi bravi ragazzi, se non hanno avuto una adeguata educazione musicale? La chiesa, un tempo luogo di silenzio,di raccoglimento di preghiera, è ritornata, oggi, come ai primordi, una sinagoga: manca solo di trasformarla in luogo di mercato. Vero è che i Salmi esortano a lodare il Signore con tutti gli strumenti, ma lasciamo gli strumenti percussivi (perché la chitarra in chiesa non è strumento a corde ma a percussione) a quei popoli che fondano la loro cultura su questi strumenti. E se vogliamo fare una distinzione sui generi musicali vedremo che ogni genere richiede il suo posto adatto. Ascoltare in chiesa ritmi che sono quelli stessi che accompagnano le canzonette nei festini di famiglia, o nelle sagre paesane, stona ne più ne meno di quanto non stonasse l'ascoltare mottetti del Palestrina o del Perosi da un juke-box. Ed è triste che compiaciuti dell'andazzo siano proprio una buona l'arte di preti e di suore che si beano di quelle strimpellate, le quali possono anche piacere al Signore. ma gridano comunque vendetta al cielo.

Mario Macchi Gemona del friuli da "Il Giornale " del 21/5/82'

GLI ANALFABETI DELLA MUSICA

Caro padre, permetta che anch'io intervenga, a distanza, sulla musica dei giovani in chiesa (FC n. 41). Malgrado l'educazione che lo Stato impartisce nelle sole scuole medie (e che si rivela scarsa e controproducente se essa non viene impartita in tutti gli ordini di scuole e, particolarmente, in quelle primarie), il nostro è un Paese di analfabeti musicali. E non alludo ai giovani, i quali, oltreché non responsabili, costituiscono indubbiamente la parte di gran lunga migliore della nostra società, ma soprattutto agli adulti. Questo non si verifica negli altri Stati civili, dove la musica viene insegnata convenientemente fin dalle scuole materne e i giovani sanno distinguere ed apprezzare tutti gli stili musicali antichi e moderni, dando a ciascuno il suo giusto posto e la sua giusta misura. I nostri giovani, invece, nella stragrande maggioranza, riconoscono unicamente la musica che il consumismo (frutto di speculazioni commerciali) offre loro e che chiamano impropriamente moderna, ignorando che tale aggettivo si applica anche alla musica d'arte. Non sanno nemmeno che la musica cosiddetta "leggera" non è un prodotto moderno ed esisteva anche nei secoli passati, ma veniva fruita nel suo giusto significato di "musica da divertimento" e pur sempre sottomessa agli altri generi di musica d'arte. In altri termini, essa costituiva semplicemente il "dolce" consumato dopo le pietanze. Oggi, invece, la situazione si è completamente capovolta: i primi e secondi piatti sono spariti e i nostri giovani consumano solo il "dolce". Allora il problema non è tanto quello della "chitarra in chiesa" (i Salmi invitano a lodare il Signore con tutti gli strumenti), quanto il "modo" in cui la chitarra viene suonata in chiesa. Il problema non è quello, machiavellico, di accontentare i giovani perché non si allontanino dalla Chiesa, bensì quello di educare i giovani alla musica. E se la colpa di tutto ciò ricade principalmente sulla scuola, non per questo dovrebbero disinteressarsene la famiglia e le autorità ecclesiastiche, evitando di incoraggiare la decadenza dei nostri costumi e della nostra cultura, tollerando in chiesa (seppure nella più perfetta buona fede) stili e canzoni che si richiamano all'ambiente mondano. Gli stili musicali sono come l'arredamento: nessuno si sognerebbe di mettere i mobili del soggiorno nella stanza da letto, o quelli della stanza da letto in cucina. E poi, non è stato esplicito il Santo Padre, lo scorso settembre, in occasione dei venticinque anni del suo episcopato, nel raccomandare che "la musica della liturgia sia sempre "arte vera" e, al tempo stesso, "autenticamente sacra", che possegga cioè una predisposizione alle sue finalità sacramentale e liturgica e sia pertanto aliena dai caratteri della musica destinata ad altri scopi? Mi pare che queste parole taglino veramente, come si suol dire,la testa al toro. (Mario Macchi)

da Famiglia Cristiana del 18/12/83'  

LA MUSICA NELLA LITURGIA DI OGGI

Nell'estate del 1980 l'arciprete m'invitò a scrivere, per le pagine di questo Bollettino, uno scritto sulla musica in chiesa. Benchè perplesso, accolsi volentieri l'invito e l'articolo fu pubblicato (con qualche errore e omissione di stampa) sul n. 2 dell'agosto di quello stesso anno. Evidentemente i miei modesti suggerimenti non erano sufficientemente chiari se, ad otto anni di distanza, il problema è riesploso al punto di essere stato portato nell'assise dell'ultimo Consiglio pastorale. Ma la discussione, per la complessità di questo problema di natura etico sociale, oltre che liturgico-musicale, non poteva esaurirsi in quella pur autorevole sede. Perciò, questa volta, sono io a chiedere ospitalità a Voce Amica, per invitare, quanti s'interessano dell'argomento, ad una serena riflessione.

Il punto focale, o fondamentale, è l'educazione musicale dei giovani. Chi impartisce loro questa educazione? Non certo la televisione, che potrebbe essere un mezzo efficacissimo ma che, viceversa, favorisce il consumismo e la sottocultura delle masse popolari. Non la impartisce neppure lo Stato, malgrado l'obbligatorietà nella scuola media, più inefficace che utile poiché essa, irriguardosamente, viene trascurata proprio nell'età scolare dai sei ai dieci anni che è, indubbiamente, determinante ai fini della formazione dell'adolescente. Una pianta va curata fin dal suo sorgere, quando è virgulto perché quando è cresciuta storta nessuno la raddrizza più. Non tutti sanno - statistica dell'U.N.E.S.C.O. alla mano - che l'Italia è uno dei 7, su 73 Paesi civili, che non hanno l'obbligatorietà e la continuità della musica dalla scuola materna fino alle soglie dell'università, trovandosi in buona compagnia con l'Afghanistan, la Cambogia, il Ceylon, la Rep. Dominicana, la Thailandia e il Vietnam. Così la nostra nazione, che nel Rinascimento è stata la maestra musicale di tutta l'Europa è divenuta oggi la cenerentola. Tanto è vero che nel campo della lirica (vanto italiano) e nei concorsi vocali e strumentali, gli stranieri fanno sempre la parte de leone. Va anche detto che i giovani di questi Paesi, a differenza dei nostri, non sono soltanto fruitori di musica ma essi la praticano e, soprattutto, sanno distinguere e dare il giusto peso a tutti i generi musicali. Da noi invece (salvo rare eccezioni) i giovani conoscono solamente quel genere di musica ch'essi chiamano «moderna» ma che in realtà è soltanto musica «di moda». Musica che non, ha alcun fondamento educativo e spirituale ma solamente ricreativo (in quanto musica di svago) e speculativo (in quanto fa guadagnare milioni a un certo «clan» di autori e case discografiche). Con questo tipo di musica sono cresciuti (o meglio sono stati idolatrati) i nostri ragazzi, per cui dir loro che, di questo tipo di musica, va fatto «uso» ma non «abuso»: è come dire a un bevitore che troppo vino fa male quando questi è già alcolizzato! I nostri ragazzi ignorano, per lo più, che esiste anche la musica «moderna» artistica (quella non composta a scopi commerciali). Se questa vale o non vale è difficile dirlo anche a prescindere dall'educazione musicale e della cultura di chi l'ascolta. Soltanto la musica che dura nel tempo e sfida i secoli è di sicuro valore artistico. Ma questo genere (impegnativo), tanto per fare qualche esempio, il canto gregoriano, la musica sacra rinascimentale e barocca, le Messe e i Mottetti del Perosi difficilmente è accettato dai giovani o, per dir meglio, essi non trovano nessuno che riesca a convincerli del contrario. Chi scrive queste righe ha avuto una lunga esperienza sia come docente di scuola media sia come istruttore di complessi corali e può ben dire che non è assolutamente vero che i nostri ragazzi non siano all'altezza di affrontare melodie dei grandi compositori. Ricorda, anzi, che ad un corso di aggiornamento per insegnanti, un noto cultore di didattica musicale disse che ai bambini si deve dare il meglio della musica, le cose semplici e grandi: le cantilene e le canzoncine andavano lasciate alla scuola materna. Da tutto quanto sopra esposto è emerso chiaramente che i nostri cari ragazzi non hanno nessunissima colpa di questo stato di cose in quanto sono vittime di un costume dove i mass-media inculcano loro molta, moltissima «informazione» ma, purtroppo, scarsissima cultura. Tuttavia, ciò non significa che, se essi sono fruitori della sola musica edonistica, debbano essere assecondati anche nella chiesa con gli stilemi di tale musica, anche se travestita. Il Cap. VI, art. 112 della Costituzione sulla sacra liturgia, Concilio Ecumenico Vaticano Il è molto esplicito a tal riguardo: la chiesa approva e ammette tutte le forme,) della vera arte purché dotata delle qualità necessarie. Come non bastasse, c'è pure quell'aggettivo che rafforza il concetto di arte, che non è stato certo messo lì a caso.

Mario Macchi

da "Voce amica" marzo 1989

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